LA VIA CRUCIS VERSO IL CIMITERO
di Giampaolo Arienti
Ancor prima dei lavori per la nuova cappellina del cimitero, che si svolsero negli anni 1910/11, monsignor Meotti diede inizio alla costruzione degli “spedalini” della Via Crucis. Da documenti conservati nell’archivio parrocchiale, risulta che già nel 1893 cominciarono le raccolte di danaro per l’esecuzione dell’opera e che dagli inizi del 1895 furono costruiti i primi pilastrini ad opera degli scalpellini Giuseppe Lenzi e Cesare Corsini, entrambi di Capugnano, e dei fratelli Tomasi, Carlo ed Enrico, di Gaggio. Nel marzo 1910 furono pagati gli ultimi cinque per una spesa di £ 240 alla quale dovevano sommarsi £ 30 per la posa in opera.
I lavori proseguirono a rilento per alcuni anni per intensificarsi intorno al 1910, anno in cui, come accennato, prese avvio la costruzione della cappellina. Nei due anni successivi l’arciprete potè portare a termine il progetto che coltivava dal momento che aveva messo mano alla costruzione della nuova chiesa: collegare quest’ultima con il cimitero attraverso una “via dolorosa” a ricordo di quella di Gerusalemme e a sussidio di una pratica religiosa legata al culto della Beata Vergine del Carmine, così come voleva lo statuto della Pia Unione del suffragio perpetuo che aveva sede appunto nella chiesetta del cimitero.
La Via Crucis, partiva dall’angolo di sinistra della facciata della chiesa parrocchiale per proseguire su lato destro dell’attuale via Tanari fino alla curva del “Poggio”, dove le stazioni si spostavano sul lato sinistro della strada per il cimitero: in poche parole essa si sviluppava sul lato opposto di quella costruita in tempi recenti.
Gli eleganti pilastrini in pietra scolpita, furono adornati di formelle in terra cotta dipinta, opera dello scultore bolognese Nicola De Carli. che le consegnò al parroco committente nel mese di giugno 1911.
Curioso personaggio questo scultore squattrinato, almeno così come appare dalla corrispondenza intercorsa tra lui e mons. Meotti!
Fu presentato all’arciprete dallo scultore-arredatore Alberto Alberti che già aveva lavorato nella costruzione della nuova chiesa e lo raccomandò come artista valido ed affidabile.
Dopo un primo preventivo di £ 200, di fronte alla titubanza di monsignore, il De Carli fa sapere che: “stante la scarsezza di lavoro, prendo impegno per £ 160, tutto compreso, ed a meno non ne parliamo..”. Verso la fine di marzo 1911, il contratto per le 14 tavole è definito.
Il 31 dello stesso mese Alberti scrive a monsignore per rassicurarlo circa la scelta fatta, per confermargli la sua stima personale per il collega e per fare presente che egli al momento “…si trova in condizioni misere…e perciò per cominciare il lavoro bisogna che ella le mandi una quarantina di lire. Di queste le faccio la sigurtà io come galantuomo il De Carli”.
A questa prima richiesta di anticipo, ne seguiranno altre: il 1° aprile di £ 40, il 25 aprile di £ 20, il 20 maggio di altre 25 lire, tutte accolte dal monsignore che evidentemente aveva verificato le condizioni di bisogno dell’artista. Il saldo di 75 lire verrà definito il 19 giugno e il 21 la cassa contenente le formelle arriverà alla stazione di Porretta.
L’arciprete dovette rimanere soddisfatto dell’opera artistica di De Carli, tant’è che gli commissionò successivamente anche i modelli in creta di S. Michele e di S. Nazario che poi servirono da stampi per la realizzazione in cemento delle statue che troneggiano ancora oggi sulla facciata della chiesa.
Della Via Crucis di cui si è detto, attualmente non rimangono che poche tracce; purtroppo il tempo e l’incuria ne hanno cancellato l’antico splendore. Solo cinque “spedalini” di allora si sono conservati e custodiscono ancora la formella protetta da un telaietto di rete metallica costruito dalla ditta Pedretti Luigi & figli delle Borre. Quattro si trovano al loro posto lungo la via per il cimitero, uno invece fu collocato nella piazzetta Albergati, all’angolo con la via don Meotti, ai primi degli anni novanta del secolo scorso, grazie all’intervento dell’allora assessore comunale Adelfo Brasa che lo salvò (sia pure privo del basamento, delle cornicette decorative e della croce sommitale) dalla furia devastatrice di qualche improvvido “modernista”. Di pochi altri rimangono poche tracce lungo la vecchia strada per il cimitero; di molti non rimane più nulla.
Quattro formelle si trovano in uno stato mediocre, una è seriamente e forse irreparabilmente compromessa; per tutte il colore è scomparso quasi completamente, tuttavia si leggono ancora bene i particolari delle scene e dei personaggi: di alcuni di loro si coglie ancora bene l’espressione.
Nell’archivio della parrocchia sono conservate altre due formelle di cui una ancora in buon stato mentre l’altra, spezzata in tre parti, necessiterebbe di un intervento ricostruttore. Per tutte sarebbe urgente un restauro che le riporti al loro antico splendore.
Se non si interverrà rapidamente, un altro pezzo del misconosciuto patrimonio artistico di Gaggio scomparirà del tutto.
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